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" Mi drogai di acqua sciroppata "

Lelio Luttazzi: " Da hit parade a Oblomov, sempre con swing "

Fama, donne e denaro. Poi, un giorno, l' errore giudiziario che lo rovino' TITOLO: "Mi drogai di acqua sciroppata" Lelio Luttazzi: "Da hit parade a Oblomov, sempre con swing" "Come si fa a non perdonare uno come Walter Chiari? Lui pero' non mi chiese scusa. Me ne andai in pensione, felice" Lelio "Oblomov" Luttazzi, a millenni di distanza, confessa: una volta si drogo' davvero. Mica con la cocaina, pero' : con una caraffa di acqua sciroppata in cui aveva svuotato il tabacco nero e rivoltante di un intero pacchetto di sigarette "Milit". Un beverone che avrebbe steso un cavallo di Pomerania. Difatti ruoto' al cielo le pupille come Sant' Agnese nei gonfaloni della Assunta e stramazzo' privo di sensi, colpito da un febbrone che i medici trovarono inspiegabile. Quando si risveglio' all' ospedale, due giorni dopo, scopri' che la guerra stava per finire davvero e che la pozione gli aveva salvato la pelle: i compagni del suo reparto di stanza a Fiume, assieme ai quali aveva progettato di passare coi titini, erano stati infatti presi dai tedeschi e portati alla risiera di San Saba. Come mai aveva accarezzato l' idea di saltare il fosso? "Avevo sempre odiato il fascismo, non avevo ancora assistito all' occupazione jugoslava della mia Trieste e credevo, pensi un po' , che siccome i partigiani di Tito erano alleati dell' America amassero anche loro Louis Armstrong". E sempre stata la sua passione, Saatchmo: "Una volta riuscii ad andarci a cena. Io qua, lui la' . Ogni tanto tirava fuori uno specchietto, sgranava i denti e se li guardava". I ragazzini innamorati di Ambra e dei Take That non possono ricordarlo. Ma questo signore che passa le estati felicemente anonimo in un appartamento sulla Costa Smeralda, coccolato dalla moglie Rossana che pare la sorella giovane di Sandra Mondaini, e' stato il Pippo Baudo degli anni Sessanta. Un Pippo Baudo carico di fama, di soldi e di donne che spari' di colpo, dalla sera alla mattina, quando la sua faccia qualunque da impiegato qualunque venne sbattuta su tutte le prime pagine sotto titoloni che strillavano: "Arrestati Chiari e Luttazzi: droga". Aveva scritto canzoni famose come "Il giovanotto matto", "Muleta mia", "Vecchia America", "Souvenir d' Italie", "Una zebra a pois". Era stato l' autore delle colonne sonore di una ventina di film. Aveva lavorato con Mike Bongiorno ("Fasevo ' a parte che me riesse mejo: quea del mona") nel primo quiz radiofonico di grande successo, "Il motivo in maschera", dove strappava la risata agli italiani con uno sketch irresistibile in cui gracchiava: "La domandina pero' l' avverto che sara' diciffilottina...". Aveva condotto "Studio Uno", il primo varieta' che incollo' milioni di persone davanti alla Tv. Aveva presentato per dieci anni la piu' nota di tutte le trasmissioni radio: "Hit Parade". Aveva conquistato le classifiche con un motivetto destinato ad entrare nella storia del costume, "El can de Trieste". Aveva fatto l' attore con Dino Risi e Michelangelo Antonioni. Eppure basto' una telefonata per farlo sparire, come il nocciolo di una ciliegia inghiottito dal lavandino. Mai avuto memoria, Lelio "Oblomov" Luttazzi: "Pensi che una volta a "Studio Uno" dovevo dire soltanto: signori, i Pooh! E mi feci preparare il "gobbo" per suggerirmi la battuta. Da vergognarsi". Quella mattina di giugno del 1970, pero' , la ricorda bene: "Abitavo a Roma, davanti alla fontana di Trevi. La sera prima avevo fatto tardi. Mi sveglio e la donna di servizio mi fa: "Ha chiamato Walter Chiari, chiede di essere richiamato all' albergo Baglioni di Bologna. Prima pero' dovrebbe telefonare qui a Roma a un certo Lelio Bettarelli, a un numero che le ha lasciato, per dirgli di mettersi in contatto con il signor Chiari a Bologna perche' lui non riesce a prendere la linea". Non era strano come messaggio? "Non ebbi sospetti. E vero che nel giro si diceva che Walter sniffava, ma io non l' avevo mai visto farlo. Non mi passava per la testa che quel Bettarelli fosse uno spacciatore e che io potessi essere usato come ponte. Si figuri poi se potevo immaginare che la telefonata era intercettata". Fatto sta..."Fatto sta che chiamo ' sto Bettarelli e gli giro il messaggio. Stiamo per chiudere e lui mi fa: "A lei serve qualcosa?". E io come un baccala' : "Qualcosa cosa?". E lui, che aveva capito di essersi sbagliato pensando che anch' io fossi un cocainomane: "Ah, niente, niente, buongiorno". E mette giu' . Fine". Qualche giorno dopo, gli suonano al campanello due finanzieri. Rapida perquisizione (a vuoto) e arresto: "Mi ritrovai a Regina Coeli senza avere neanche l' idea di cosa fosse successo. Non era come oggi, non avevo neppure un avvocato. Mi lasciarono li' 27 giorni, in una cella fetida, col cesso che aveva un buco cosi' piccolo che dovevi prendere la mira. Scrivevo fuoriosamente la mia esperienza su dei quaderni che poi mi sarebbero serviti da base per l' unico libro della mia vita, "Operazione Montecristo", al quale si sarebbe in buona parte ispirato Sordi per "Detenuto in attesa di giudizio". Ogni mattina dicevo: oggi e' il giorno buono, oggi capiscono che non c' entro, oggi mi mettono fuori. Niente". Un incubo. "Per questo sul garantismo io, che pure sono sempre stato di sinistra e che davanti alla sola parola "destra" ho una reazione di schifo, sono costretto a dire "evviva Sgarbi, evviva Taradash, evviva addirittura la Maiolo". Perche' l' ho vissuto, l' errore giudiziario. E mi ha lasciato le cicatrici". Ha perdonato Walter Chiari? "Perdonato... Come si fa a non perdonare? Era fatto cosi' ... Pero' quando usci' la prima cosa che doveva fare era correre da me a chierdermi scusa. E non lo fece. Anzi, per difendersi si lego' al caso mio: "Luttazzi e' innocente, quindi anch' io sono innocente". Risultato? "Che fui io a restar legato a lui per l' eternita' . Ancora oggi quando arrestano qualcuno sui giornali esce la frase standard: "... di droga nel mondo dello spettacolo si comincio' a parlare fin dallo scandalo di Walter Chiari e Lelio Luttazzi". Ogni tanto querelo. Vinco sempre. E con una querela che mi son preso il lusso di comprare la barca, la mia "Oblomov". Un nome, una filosofia, una sfida: "L' ho eletto a mio modello, l' antieroe di Ivan Koncarov. L' oblomovismo non e' solo pigrizia, inettitudine, incapacita' di azione. E tutto questo ma anche deliberata autoemarginazione, intransigente rifiuto di tante cose che per gli altri sono importanti: il lavoro, l' efficientismo, il giovanilismo, la carriera... Posso parafrasare il Carducci e la sua invettiva contro i manzoniani? "Non son pur anche berlusconiano. che tira quattro paghe per un lesso". Vale a dire? "Vale a dire che dopo quello che mi e' successo ho detto, con rispetto parlando: andatevene tutti a cagare. Non sapevo cosa fare. Quando mi hanno spiegato che grazie ai contributi che avevo accumulato cominciando a lavorare all' Eiar di Trieste che facevo ancora il liceo potevo andare in pensione, ho visto la luce. Non c' e' pensionato piu' felice di me. Tra la pensione, i diritti d' autore e un premio della Siae agli ex soci, tiro sui quattro milioni al mese. Me li faccio bastare". Ogni tanto arrotonda tenendo dei concerti. Lui, che ironizza su se stesso con allegra ferocia, li chiama vezzosamente "marchette" e ammicca: "Prima di cominciare a cantare mi metto i tappi nelle orecchie, cosi' non mi sento". Chi ama lo swing, dice pero' siano spettacoli molto belli. Degli anni del successo, ricorda con affetto "L' avventura", il film in cui fu diretto da Antonioni: "Ancora oggi, quando lo rivedo, non ci capisco un accidente. Giravo certe scene interminabili in cui stavo immobile a guardare fisso in lontananza e mi domandavo: ma cosa diavolo vorra' dire Michelangelo? Pero' una sera a New York mi fermo' per strada un signore: "Leeeliou! Anthoniouni! L' adventhura!". Vai a saperlo, avevo partecipato a un capolavoro...".


(di Stella Gian Antonio archivio de IL CORRIERE DELLA SERA)


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