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Bisca - Ven 12 Settembre 2008

Al Pompeilab la musica piace. Da sempre. Soprattutto quella di qualità. E, soprattutto quella live, ne dà prova l’affluenza di pubblico e la scelta di band che nei live dimostrano la loro forza, come i Bisca. Tutto inizia dal lontano 1981 con il loro contributo alla colonna sonora del film, Tango Glaciale, di Mario Martone, e, l’uscita del primo Ep, Bisca. Il ritmo dell’attività live diventa frenetico, li porta a suonare per molti anni in tutta Europa, addirittura decidono di trasferirsi in Francia, dove ottengono un grandissimo successo, soprattutto con l’album, Bis, mai distribuito in Italia.
L’obiettivo dei Bisca è sempre stato quello di tenersi fuori dagli schemi, avvalorato anche dalla loro strepitosa collaborazione, negli anni 90, con i 99 Posse, raggiungendo vendite altissime con l’album Guai a chi tocca.
Continuano a suonare dal vivo senza sosta e, a produrre album di successo, nel 2005, infatti, esce AH!, che vanta guest come Caparezza e Piero Pelù.
L’appuntamento live dei Bisca con il PompeiLab sarà una buona occasione per dimostrare che esiste ancora una scena pulsante in Italia lontana dai glamour della televisione.

www.myspace.com/bisca

L’URAGANO BISCA SOPRA POMPEILAB

Al Pompeilab è passato come un uragano l’evento che si è preannunciato tra i più importanti, Bisca tour 2008. Una band che ha saputo farsi strada da sola, imponendosi all’attenzione del pubblico on the road, concerto dopo concerto. Sergio Serio Maglietta (Voce e sax), Elio 100gr Manzo (Chitarra e voce), Fulvio Il Monaco di Nocera (Basso), Giovanni Volpe (Batteria), questa l’attuale formazione dei Bisca, che da sempre ha smerigliato la musica spaziando dal reggae al rock, dallo ska al punk.
In questa meravigliosa e rockettante serata, che ha divertito e sballato il pubblico, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il super leader Sergio…..

Sono più di 25 anni che i Bisca hanno mosso i primi passi, ma cosa mi potete raccontare degli esordi?
Gli esordi sono quelli tipici delle band di quartiere. Eravamo un gruppo di ragazzi che s’incontrava ogni sera in una birreria a Napoli, tra via Manzoni e via Caravaggio e, in una comitiva capita sempre che ci sono cinque o sei persone che hanno la voglia di suonare. Così fondammo la Inutil Jazz Band, un’incursione nell’ambito del jazz, musica che ascoltavamo in quel periodo, dopo circa cinque anni, di quel nucleo rimanemmo io, Elio e Bruno, il primo bassista. Ma all’inizio degli anni 80, tornò dall’Inghilterra un altro ex componente della prima band, Giancarlo Coretti, che aveva suonato con dei giamaicani e aveva fondato una band di ska. Decidemmo così di creare un gruppo ska e la riunione fu a casa di Giancarlo nel giorno del terremoto.

Per imporre la vostra musica e i testi vi siete scontrati spesso con le case discografiche. Perché non avete mai ceduto ad un compromesso?
La verità è che i compromessi non te li offre mai nessuno. Li scegli tu e, così succede che il tuo compromesso intercetta il piacere o l’interesse delle case discografiche. Noi avevamo un’attitudine assolutamente punk, pur non facendolo, molto radicale, estrema, insofferente alle categorie. All’inizio della nostra storia andavamo in giro per il nord Europa: Svizzera, Austria, Francia, etc… suonavamo più lì che in Italia. In questi Paesi non c’erano pregiudizi, se arrivava un gruppo napoletano o inglese, il loro motto era: vediamo che sai fare. Mi ricordo che partecipammo ad un festival a Zurigo. Arrivammo con il treno, immagina portare una batteria, gli amplificatori e altro, ma incappammo in uno stronzo di doganiere che ci fece scendere con tutti gli strumenti, perché sicuramente voleva beccarci con la marijuana e, per provocarci ci fece perdere il treno. Comunque, noi arrivammo da illustri sconosciuti, in questo festival megagalattico che si faceva in un periodo di fermento musicale. A differenza degli inglesi, loro erano molto aperti, curiosi su ciò che facevi e, ti valutavano semplicemente per cosa suonavi. Fummo la rivelazione del festival dove partecipavano artisti famosi e, noi arrivammo lì semplicemente con il nostro misero bagaglio di allucinazioni.

Per un po’ avete messo le tende in Francia. Cosa vi ha spinto a stabilirvi e a suonare li?
Partire da Napoli per queste tournèe infinite era molto dispendioso, addirittura abbiamo suonato a Budapest prima che cadesse il muro, per cui stavi fuori un mese. Il viaggio era la parte preponderante e stancate. In uno di questi viaggi conoscemmo Yorrick Benoist, che divenne il nostro manager e, che lavorava con Francis Kartekian, il manager di Fela Kuti, un mito per me e, questa possibilità ci ha proiettati nel mondo musicale europeo.

Molti live, ma quanto avevate il tempo di lavorare ai vostri album?
Per noi è stato normale, ci siamo sempre imposti un orario di lavoro da impiegati. Infatti, almeno tre o quattro volte alla settimana provavamo e componevamo. In Francia, a Poitiers, suonavamo tutta la giornata perché avevamo lo studio nel soppalco.
Parliamo della vostra musica, racconti di storie quotidiane che parlano di razzismo, droga, questioni politiche, ma una canzone alla trottolino amoroso, no?
Raccontiamo della vita, quindi della realtà e di ciò che rappresenta nel tuo immaginario, fatto dalle tue esperienze, convinzioni, idee.
Sull’amore ho scritto una canzone che non è esattamente alla trottolino amoroso. Si chiama Rime baciate, un testo poco conosciuto, mi piace la rima delle tue cosce, baciata distesa intrise di tue angosce, mi gira sottosopra, mi piace davvero, mi perdo seguendo le linee del tuo pensiero, lucido liscio oppure increspato, mi avvolge mi sazia mi accarezza il palato, mi piace la tua faccia quando hai altro da fare, il verso sciolto e i suoi modi di dire, mi piacciono le rime, le rime baciate, le gambe distese e le cosce bagnate. Questa è la mia canzone d’amore dedicata ad una donna.

In tutti questi anni di scontri, di delusioni, di gioie, quante inimicizie vi siete attirati?
Fino agli anni 90, i Bisca venivano visti come dei rompicoglioni di talento, difficili da gestire. Riprendendo il discorso di non cedere ai compromessi, a me interessa solo esprimere le cose che penso, belle o brutte, giuste o sbagliate che siano. Non è mai venuto nessuno a propormi: se mi canti trottolino amoroso ti do sette miliardi. Forse non l’avrei fatto, ma posso dire con sicurezza che non si è mai presentato nessuno. Certamente ho rinunciato a compromessi di piccolo cabotaggio, e ciò dipende da quanto si è presuntuosi, e io lo sono molto.

Arriviamo al vostro incontro nel 1995 con i 99 Posse. Il successo e l’abbandono….
Tornavamo dalla Francia ed è stata una miscela esplosiva. Non si aveva la forza di inseguire le proprie allucinazioni. Per un gruppo come Bisca 99Posse fu un’impresa difficile, sottoposti ad un continuo ed enorme stress psicofisico. Io ero più grande di Luca e, forse più preparato e pronto a questo stato di cose. Per alcuni di noi c’era inesperienza e, diventava difficile reggere uno stress che arrivava da tutte le parti. Bisca 99 Posse non nasce a tavolino, è stato un fenomeno dal basso. La cosa più incredibile di questo gruppo non erano i 10mila riuniti nella piazza di Torino, con il sindaco che ce la voleva vietare ma, quando vide tutta quella gente, fu costretto a mandarci le ruspe a togliere il fango, dovuta l’inondazione ai murazzi. La nostra forza non era in queste cose, ma le cinquemila persone che venivano a sentirci in paesini sperduti della Basilicata. Riuniti con la forza del passaparola e, i giornali si accorsero di questo fenomeno quando già si era affermato, quando è uscito il disco, che uscì dopo la tournèe.

Un nuovo incontro nel 2007 con il leader dei 99 Posse, ‘o Zulù, e la creazione dell’album I tre Terroni e nuovi problemi con lui …
I problemi fanno parte della vita. Al di là delle scelte artistiche e lavorative rimane un affetto personale, un’amicizia. Ci siamo rincontrati con Luca a Melfi, durante la vertenza degli operai della Fiat e, parlammo sull’idea di ritornare a suonare insieme. Anche perché, come Bisca 99 Posse, facemmo solamente un disco in studio, Guai a chi ci tocca, e dal mio punto di vista e di Luca non era ciò che avremmo voluto fare. Un disco che ti impegni sia nei testi che nella musica. Il disco fu comunque condizionato dal turbinio del momento, non avevamo il tempo per fermarti un momento. Dopo quest’incontro, un anno e mezzo fa, è nato, I tre terroni, un disco di inediti.

Nel 2005 l’album, Ah!, ha avuto delle ottime critiche, album con guest importantissimi
È l’album degli ospiti, c’è Piero Pelù, ma anche Caparezza. Michele è assolutamente incredibile, oltre ad essere un musicista eccezionale, è una persona incredibile. Una delle più grosse nuove amicizie che ho fatto. Nel nostro mondo non è facile trovare persone che rimangono integre, pur avendo una visibilità.

Oggi siete in studio per un nuovo album, qualche anticipazione?
Siamo quasi arrivati in dirittura d’arrivo, volevamo fare un disco di inediti, ma ci siamo accorti
che molte nostri canzoni, che per una ragione o per un’altra, tipo il disco è stato ritirato, oppure oscurate da altri pezzi più forti, sono rimaste sconosciute, ma degne di note. Quindi uscirà una raccolta con tutti i pezzi che apprezziamo di più e, che consideriamo un po’ sottovalutati, ma ci saranno anche due inediti.

Nicola Garofano


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