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intervista a Daniele Sepe. L'IMPORTANTE E' FAR DISCUTERE

Daniele Sepe: "l'importante è fare discutere"
(Le BiELLE Interviste - Brigata Lolli - Una Brigata di memoria, di cultura, di utopie,
di speranze, d'informazione, dell'uomo)

"Siamo andati trent'anni indietro"
di Giorgio Maimone

"Sintonia" sul '77!

La stagione, per intenderci è il ’77 e dintorni

Si. Guarda, fondamentalmente a me interessava far pensare a chi oggi c’ha vent’anni e vuole fare politica che la questione della non violenza nella pratica politica è un assunto che bisogna esserre pronti ad accettare acriticamente. Io leggo ella storia del movimento operaio in primo luogo, ma poi in genere in tutto quello che ha portato a grossi rivolgimenti, dalla rivoluzione francese fino a oggi, un fatto inequivocabile: è che la storia non si cambia coi referendum. Si cambia con sudore e lacrime e anche sangue. Per cui dopo Genova dove ho visto massacrare la gente, ho pensato che quello che noi dicevamo e facevamo negli anni ’70 non è tanto ‘na strunzata. La demonizzazione di tutto quel movimento, non sto parlando delle Brigate Rosse o di Prima Linea, io sto parlando del movimento, la criminalizzazione del movimento, come ha ammesso di recente lo stesso Cossiga, all’epoca ministro degli interni. La criminalizzazione del movimento serviva ad aprire la strada alla socialdemocrazia che è il mondo nel quale viviamo. Il confitto di classe viene Negato, se Sanguineti dice una cosa che a me pare scontata, tutti gli vanno adosso.

Cosa bellissima quella di Sanguineti sull'odio di classe: "Bisogna restaurare l'odio di classe. I potenti odiano i proletari, i proletari devono fare altrettanto".

Tutto quello che può dare fastidio alla pace sociale viene immediatamente criminalizzato. Dal ragazzo che incendia la bandiera israeliana al ragazzo che rompe una vetrina.

Tutto viene sterilizzato

Sterilizzato di qualunque opportunità di dar fastidio! Io non penso che i precari di oggi, i Co co co o i co co pro possano sperare di avere dei vantaggi sperando che il sindacato gli strappi qualcosa. Per cui magari in qualche maniera, io non dico di farlo, ma almeno di riappropriarsi della possibilità di fare Buh! Davanti al padrone.

Comunque almeno rimettersi nell’ottica secondo cui “ribellarsi è giusto” come dici tu.

Eh sì. Voglio dire, oggi dire delle cose che trent’anni fa ci sembravano scontate è un atto rivoluzionario. Il che vuol dire che siamo andati trent’anni indietro. Anche il libretto del mio disco serve a fare capire la distanza tra allora ed adesso, ad esempio facendo capire quello che era la satira allora e quello che è la censura oggi. Quella foto di Papa Woityla sta là a dire guardate che se oggi Crozza fa l’imitazione di Ratzinger passa un guaio. Noi trent’anni fa facevamo cose ben più marcate e alla fin fine non era così grave.

[…]

Invece la trama, la storia che racconti … perché non è senz’altro una raccolta di canzoni questa. È più che altro una sceneggiata …

Ma guarda, ti devo dire la verità. Lo studio nel quale noi abbiamo registrato è anche una scuola di musica e effettivamente questi ragazzi venivano ad assistere. Io quando lavoro non sono uno che si chiude dentro. No, anzi è nu casino pazzesco. C’erano questi ragazzi che andavano e venivano sentivano i testi ed erano molto incuriositi ,perché in effetti quello è un periodo abbastanza cancellato. Del sessantotto si può anche parlare e degli hippy si parla, ma di quel periodo hanno impressioni abbastanza frammentarie, per cui si sono molto incuriositi. Molti di loro hanno partecipato ai cori. E poi, sentendo il disco, hanno deciso di provare a farne un musical. Sono ragazzi di 18/19 anni. Per me è un grandissimo risultato ed effettivamente il disco è venuto fuori così come se fosse una storia per una ragione molto semplice: siamo entrati in studio senza aver niente. Erano anni che ci pensavo, ma appena mi mettevo a lavorare a un brano o a scrivere un testo veniva fuori una cosa “piagnucolente” e basta. Per cui, ho detto, prendiamo la sala quel giorno, ci troviamo lì. Non avevamo un testo, non avevamo un pezzo, abbiamo fatto proprio un’assemblea come si faceva una volta e piano piano sono venuti i pezzi. C’era Dario Iacobelli che stava lì per dare una forma ai testi, che venivano fatti da tutti noi: a chi veniva una parola, a chi una frase, a chi una strofa ...

[…]

E gli inserti radio etc?

No, quelli li ho fatti a parte, ma non erano compilicati. Io avevo bisogno di mettere in condizione uno della nostra età di ricordare quello che c’era intorno: la musica, i telegiornali, i radiogiornali. Ma soprattutto la musica. Che se uno sente Pino Daniele che canta U padrone, che sta nel primo disco di Pino si ricorda del Pino che era. Se uno sente Gianfranco Manfredi, come ti devo dire? Rientra subito nel clima! E un ragazzo di vent’anni capisce qual era l’ambiente culturale, che è un po’ una parola che non vuol dire niente, Insomma quello che si sentiva, l‘aria che si respirava. E in realtà è anche un omaggio a quello che sono state le radio libere che per noi hanno voluto dire molto.

[…]

C’è un altro problema abbastanza importante: il discorso sulla violenza oggi è esasperato, perché anche Gesù Cristo quando entrò nel tempio e ci trovò i mercanti … ha trovato McDonald’s nel tempio! E allora anche lui è diventato un black bloc. Ha preso una spranga e ha spaccato tutto: le vetrine, le bancarelle dei mercanti. Questo per dire come anche la religione cristiana prevedesse la ribellione. Il discorso però è questo: noi a distanza di 30 anni dal ’77 non abbiamo ancora avuto un’amnistia per i reati politici di quel tempo. Dopo la seconda guerra mondiale, con tutti i suoi morti a migliaia e 30 anni di fascismo, Togliatti ci mise solo tre anni per promulgare l’amnistia. E noi niente, a distanza di 30 anni, per un fenomeno che poi alla fin fine è stato abbastanza marginale: è vero hanno rapito il presidente della Dc ma non dimentichiamo quello che succedeva in quegli anni in Spagna o in Inghilterra. Il disco voleva servire anche a questo.


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