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Il mistero del sapone diluito!

Parte prima

Anche se i primi, terrificanti riscontri oggettivi risalgono al maggio di quest’anno, posso dire con assoluta certezza che tutto il “fattaccio” è cominciato nel lontano febbraio 2008! L’edificio principale del Pompeilab –area ex depuratore di Pompei, il cui aspetto – credetemi - è stato negli ultimi tempi decisamente ingentilito dal nostro operato, attendeva proprio in quei giorni, i primi di febbraio per l’appunto, la tempestiva (ci stavamo allagando clamorosamente) installazione nel “cesso storico” di un simpatico groviglio di tubature esterne che avrebbero consentito direi definitivamente di lavarci le mani evitando lo spruzzo ingeneroso della pompa “del macello”. Quelle tubature, secondo o terzo di un milione di sforzi autofinanziati, rappresentavano degnamente la nostra prima e significativa offensiva alla signora umidità; la quale, subdola ed acerrima nemica storica dell’animale labico, si serviva da tempo di quei condotti marci “murati vivi”, per stritolarci il collo e romperci le … onlus. Dopo un paio di giorni passati a saponetta, poco igienica ma oggettivamente efficace, cominciò – a mani pulite oserei dire, l’era delle grandi decisioni labiche: schiumare “la tana delle zanzare tigre”; sacrificare per il bene collettivo la stanza più grande del Lab; nominare la segretaria; abbattere, smaltire e ridipingere; ampliare la famosissima Sala Mannitidiale; introdurre nelle nostre vite IL SAPONE LIQUIDO, per alcuni l’invenzione del secolo, per altri qualcosa di simile alla “costatella di maiale passata”. Ma erano decisamente altri tempi amici miei, ci sembrava di toccare il cielo con un dito con la sicurezza che se il paradiso ci avesse sporcato … (ma questa è poesia? .. oggi è mistero!) Fatto sta che il sapone liquido, adagiato sul bordo del lavabo del cesso, dritto, marca a caso, grazioso nella forma, “muto” e soprattutto profumato, cominciò ad ingraziarsi le mani dei labici e dei nostri primi “amici” con ragguardevole velocità. Gradiva la pompa ripetuta quella ingenua custodia di “idrolisi alcalina”; adorava lo sfregamento azzardato quel beccuccio di plastica dura tensioattivo; e soprattutto –troppo spesso- finiva. Finiva cavolo! Dava il meglio di se per un paio di riunioni e una serata, fuggiva spesso dalle mani bagnate per schiantarsi avido, densissimo, sul bordo freddo del lavandino, e con adorabili pernacchiette e bollicette quasi impercettibili, infine, regalava al fratellino che lo avrebbe sicuramente sostituito il futuro; per la serie il futuro è nelle tue mani! Era bellissimo lavarsi le mani al PompeiLab, un evento pulito condannato a non “resistere” …

Continua …



bardamù


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