- Official site - 
Header Pompeilab
Benvenuto a IRGWBtUiy, ultimo utente registrato il 26-03-2024

Chico Buarque – Meus Caros Amigos, Philips 1976

Chico Buarque ha all'attivo un discreto numero di ottimi album ma se si analizza da vicino, con una lente d'ingrandimento, la sua vasta discografia, possiamo individuare un paio di capolavori che hanno letteralmente dato una scossa alla MPB. Era il 1976, in Brasile è presente ancora una giunta militare guidata, questa volta, da Ernesto Geisel e il fervore della MPB è ai suoi massimi livelli. Caetano Veloso ha da poco pubblicato “Joia”, Milton Nascimento ci regala “Geraes”, Chico invece incide una delle sue canzoni più conosciute e appassionate, “O que serà”. Senza mezzi termini, “Meus Caros Amigos” è un capolavoro della MPB non solo per il suo valore musicale ma per l'urgenza e la vitalità dei suoi testi. La musica di Chico Buarque, negli anni '70, è necessaria per sopravvivere, i suoi testi trasmettono quella forza per reagire e combattere l'oppressione politica, sono vere e proprie coltellate rese ancora più atroci dal samba, dallo choro o dalla bossa nova. C'è una doppia violenza, testuale e musicale. Testuale perché un testo come, per esempio, “Vai trabalhar vagabundo”, oltre a raccontare una storia, è uno spietato ritratto della precarietà e della sopravvivenza. Musicale perché il samba funge da contrappunto alla storia e al messaggio, esalta alcuni passaggi fondamentali (“Prepara o teu documento, carimba o teu coraçao, não perde nem um momento, perde a razão”). In questa canzone, viene introdotta una figura tanto cara a Chico cioè quella del “malandro”. Il “malandro” non è il classico disonesto ma è colui che è specializzato nell'arte della sopravvivenza, è figlio del “morro”, quindi è cresciuto in una realtà di disagio. In “Vai trabalhar, vagabundo”, una madre, suppongo, dice al proprio figlio di trovarsi un lavoro. Per la donna è molto importante che il figlio vada a lavorare (contate quante volte nel testo compare la frase “Vai trabalhar”) ma il ragazzo vuole vivere di espedienti – d'altronde questa è l'educazione che ha ricevuto dal “morro” - e, quindi, abbandona la “criançada” (i bambini), la “mulher”, per vivere il suo destino. In tante altre canzoni di Chico Buarque compare questo personaggio (“Malandro”, “A volta do malandro” e “Homenagem ao malandro” su tutte) che, in un certo senso, è legato a tutte le altre figure precarie che il cantautore di Rio de Janeiro ci ha fatto conoscere nei suoi lavori. Dal punto di vista musicale, “Meus Caros Amigos” è arrangiato alla perfezione (forse Milton Nascimento ha ragione quando dice che è da stupidi soffermarsi solo sui testi di Chico), si passa con facilità dal samba allo choro grazie soprattutto ad un lavoro di ricerca delle tradizioni musicali brasiliane portato avanti con Francis Hime. Con “Meu Caro Amigo”, Chico Buarque riporta in auge, infatti, lo choro, genere in auge negli anni '30 che, in un certo senso, fa ricordare anche i momenti di un passato più felice e spensierato. Chico si rivolge agli esiliati brasiliani, quindi a terze persone (Chico Buarque non rientra in questa categoria), e lo fa sotto forma di lettera.

Vi riporto un esempio :

“Ma quello che voglio dirti è che qui la situazione è nera, c'è bisogno di una dura corazza per sopportare questa situazione, che viviamo timorosi e sospettosi...”.

“Meus caros amigos” è un disco fondamentale della MPB e catturerà sempre di più la vostra attenzione man mano che procederete negli ascolti.
Chico Buarque ha l'intelligenza e la finezza per essere, a tutti gli effetti, un poeta (e un musicista) d'amore e di libertà e la sua immensa discografia è una testimonianza importante delle realtà brasiliane più disagiate.

Francesco Bove



Commenti (0)       Foto (0)       Video (0)       Audio (0)


Torna indietro

 
©2008 Pompeilab.com Tutti i diritti riservati - Webmaster