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E’ quasi un ventennio

Una delle prime cose che ho imparato in facoltà è il concetto di Decreto Legge.
Art 77 Cost. I nodi centrali dell’istituto giuridico erano i caratteri di necessità ed urgenza che permettevano al Governo di emettere un atto avente forza di legge il quale avrebbe subito il controllo successivo del Parlamento – unico organo preposto ad emettere legge ordinarie con valenza sostanziale e formale. Diverso il decreto legislativo che invece, su temi tecnici, prevedeva un controllo preventivo del Parlamento che dava al Governo criteri guida nell’ambito dei quali poter legiferare. L’attenzione spasmodica che il professore dava all’argomento era il rischio di abuso del decreto legge – uno dei rischi primari era la reiterazione dell’atto avente forza di legge – da parte del potere esecutivo, così da svuotare il Parlamento della sua funzione esclusiva e primaria. L’analisi degli anni 80 è piena di questo tipo di abusi, su argomenti spesso lontani del vivere civile, tant’è che difficilmente i cittadini si accorgevano dei tanti torti costituzionali subiti.
L’atto di forza di questa notte consistente del decreto salva liste, invece, getta sui pochi capi già fasciati ma consapevoli della deriva antidemocratica del paese, una sensazione di sfiducia ed impotenza molto più tangibile della già palese sensazione di nullità che attraversava gli animi di tutti noi. Al di là delle evidenti incostituzionalità, infatti, permane un’amarezza oserei dire finale sui processi decisionali e politici del nostro paese. Un anno fa, intervistando Aldo Masullo, mi sentii dire che il mondo di oggi non ha in sé il valore della collettività e senza quest’ultimo nessun disagio sarà mai tangibile. E’ così.
In un altro paese, in un altro contesto, in un’altra epoca, un’azione del genere avrebbe avuto una risposta forse violenta, di sicuro decisa. Qui no. In pochi ci siamo indignati, in pochi sono andati sotto al colle – ed onore a loro – in pochissimi ci siamo preoccupati della democrazia. Certo non pochi in valore assoluto, ma il paese intero … come al solito non c’è. Al paese, tutto, oggi ha parlato il TG1 condendo un altro ottimo panino in cui in chiusura il Governo spiegava le sue motivazioni. La scomparsa dei fatti, direbbe Travaglio. Il silenzio assordante degli ascoltatori. Il nulla. Non si dovrebbe andare a votare, il PD dovrebbe ritirare le sue candidature. Le liste di Beppe Grillo a questo punto dovrebbero pretendere di essere presente ovunque, così come tutte quelle liste che sono state bocciate senza creare problemi, non chiamandosi PDL. Ma non accadrà nulla del genere. La legge del più forte. La legge è uguale quasi per tutti.
In un geniale episodio dei Simpson, Bart ha la vittoria in pugno per divenire capoclasse. Poi perde, nessuno dei suoi fedelissimi vota. Tutti certissimi della vittoria schiacciante. Persino Bart si arrende. Il PDL no. Le manie di grandezza e gli errori derivanti da esse, si risolvono con la legge. Ne “Le mani sulla città” il consigliere Nottola afferma in consiglio comunale “è qui che si fa la legge”, un attimo prima di votarla e farla approvare a suo uso e consumo.
Sessant’anni fa ci fu bisogno dei partigiani dopo 20 anni di martirio. Nel 2004 il Manifesto titolò “mezzo ventennio” parlando del compleanno di Forza Italia. Oggi di anni ne sono passati 16. Ci siamo quasi. Anche se, stavolta, l’apocalisse - Grillo docet - è morbida. Morbidissima e ci sono tutti i presupposti perché sia anche un trentennio.
Ho sempre litigato con forza con tutti quelli che hanno deciso negli anni di lasciare Napoli, di lasciare l’Italia. Non scappate, restiamo qua. Costruiamo, proviamoci. Lottiamo. Oggi, non ne sono più troppo sicuro.

Il giovane Alessio


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